Mura Poligonali di Amelia
La città di Amelia, difesa a nord da uno sperone roccioso, è circondata quasi interamente da un’imponente cinta muraria che oggi appare come la somma di tecniche e stili differenti, raccontando nella sua stratificazione secoli di rifacimenti, ricostruzioni, restauri e ampliamenti del sistema difensivo della città. Le mura amerine rappresentano una delle emergenze monumentali e archeologiche più imponenti della città, nonché un importante esempio di opera poligonale, tecnica costruttiva che prevede la realizzazione di un paramento murario costituito da grandi blocchi di calcare dalla forma irregolare. I blocchi sono sovrapposti uno sull’altro senza l’utilizzo di malta e la stabilità del paramento murario è garantita esclusivamente dal peso di queste enormi pietre. La cinta muraria di Amelia si estende per oltre 2 chilometri intorno al centro storico, con un’ altezza che raggiunge e supera i 6 metri e uno spessore di 3,50 metri. Dallo studio dei segmenti conservati, si è ipotizzato che essa racchiudesse al suo interno una superficie di oltre 20 ettari. Il loro andamento presenta una forma irregolare, che si adatta alla conformazione topografica del territorio: nel versante meridionale, dove la città è più esposta, queste risultano più imponenti, mentre a nord ricalcano il sistema difensivo naturale costituito da pareti scoscese che si affacciano a picco sul Rio Grande. Le mura dispongono di sei porte, quattro delle quali utilizzate ancora oggi come accessi al centro storico della città, mentre altri due ingressi sono quelli originali: sul lato est si trova Porta del Sole, posta in modo sopraelevato rispetto al piano stradale, mentre nel 2008 è stato riscoperto l’accesso sud-ovest, Porta Pantanelli. Un itinerario pedonale permette oggi di camminare esternamente lungo tutto il perimetro della cinta muraria.
Le fasi edilizie Le mura poligonali di Amelia si impostano sul precedente impianto difensivo della città. Nonostante la datazione della prima fase costruttiva della cinta muraria, eretta in punti della città geograficamente scoperti da difendere, sia ancora dibattuta, questa viene collocata in un periodo antecedente alla conquista romana. Una monumentale porzione del primo impianto difensivo si può ammirare all’incrocio tra Via della Valle con Via Piacenti, nei pressi di Porta della Valle. Qui doveva trovarsi il varco che conduceva all’ arce, l’acropoli preromana, scomparso a seguito dell’abbattimento della cerchia muraria più interna. Successivamente, la città si dota di una possente cinta muraria in opera poligonale, costruita nel momento storico in cui Amelia entra a far parte del dominio romano, tra la fine del IV e il III sec. a.C. Una parte sostanziale delle mura di Amelia, probabilmente quella più meridionale, potrebbe essere stata eretta dopo la metà del III sec. a.C., in concomitanza con la prima pianificazione dell’impianto urbano, quando la città assunse i tratti tipici dei municipi romani. Nella parte superiore e in altri punti della cinta, l’opera difensiva è, invece, di periodo tardo romano e medievale. Questi tratti sono forse meno interessanti di quelli in opera poligonale, ma contribuiscono a dare continuità allo sviluppo dell’imponente perimetro difensivo di Amelia. Una parte sostanziale delle mura di Amelia, probabilmente quella più meridionale, potrebbe essere stata eretta dopo la metà del III sec. a.C., in concomitanza con la prima pianificazione dell’impianto urbano. Da questo momento la città assume i tratti tipici dei municipi romani con la progressiva realizzazione di numerosi edifici pubblici come quelli del foro e residenze private, come la domus di Palazzo Venturelli (I sec. a.C). La città si dota inoltre di strutture per l’approvvigionamento idrico, testimoniate dalla presenza di una monumentale cisterna sotterranea realizzata intorno alla metà del I sec. a.C. Una Curiosità La tecnica edilizia in opera poligonale, con i suoi possenti blocchi squadrati, ha acceso nei secoli la fantasia di numerosi eruditi che, in passato, hanno iniziato a chiamarla con nomi a volte fantasiosi, che ne attribuivano la costruzione a popoli mitologici. I viaggiatori settecenteschi avevano ribattezza le mura in opera poligonale come “mura pelasgiche” o “ciclopiche”, attribuendo la loro costruzione al popolo dei Pelasgi o ai Ciclopi, forzuti giganti con un solo occhio. Nomi che in passato hanno contribuito ad alimentare ancor più il fascino di queste maestose architetture.