Marmore Waterfall
Trekking

I luoghi del Grand Tour tra Terni e Narni

Il fascino di alcuni luoghi nel ternano raccontati attraverso lo sguardo dei viaggiatori del passato

Il fenomeno del Grand Tour, iniziato alla fine del XVI secolo e proseguito sino al XIX, decretò il cambiamento di prospettiva del “Viaggio”, che divenne un arricchimento personale derivante dalla conoscenza dei luoghi e delle persone.

Richard Lassels, nella sua guida “The Voyage of Italy” (1670), suggeriva ai giovani del suo tempo di intraprendere il Viaggio in Italia, esortandoli a diventare dei nuovi Ulisse, la cui sapienza e astuzia derivava proprio dall’aver conosciuto molti popoli, con le loro città e le loro usanze.

In Umbria non furono solo le città a essere interessate dal Grand Tour, ma anche intere zone. In particolare il ternano, il narnanse e l’orvietano, territori ricchi di ineguagliabili bellezze naturalistiche e paesaggistiche e custodi di grandiose memorie classiche, finirono per diventare mete ambite per questi eruditi viaggiatori.

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Tappa
Cesi

La prima tappa alla scoperta dei luoghi del Gran Tour è rappresentata dal borgo medievale di Cesi, immerso tra gli ulivi sul crinale del Monte Torre Maggiore. Nel 1776 la scrittrice inglese Lady Anne Miller scriveva che, in virtù della sua posizione, si riteneva che la città fosse legata alla roccia da invisibili catene adamantine.

Molti viaggiatori si recavano a Cesi attirati dalle leggende sulle grotte del Monte Eolo, dove Virgilio collocava nelle sue viscere l’abitazione di Eolo, Dio dei venti. Il monte è attraversato da grotte e cunicoli, la più famosa delle quali Grotta Eolia, a cui si accede da Palazzo Stocchi, da cui fuoriescono folate d’aria calda d’inverno e fresca in estate. Un fenomeno così particolare che fece nascere nella fantasia dei Viaggiatori diverse interpretazioni. Ad esempio, il medico inglese Edward Wright, nella sua visita del 1721, dedicava una dettagliata descrizione alla grotta e ai venti che soffiano più forti d’estate che d’inverno, sostenendo che il fenomeno il fenomeno era originato da una diversa densità dell’aria tra interno ed esterno della grotta.

Joseph Jèrôme Lefrançais De Lalande, astronomo francese, nel resoconto del suo Viaggio compiuto tra il 1765 e il 1766, sosteneva inoltre come i venti molto freschi che fuoriuscivano dalle caverne fossero condotti nelle case attraverso dei canali per rinfrescare il vino, le cantine e gli appartamenti.

Molte delle interpretazioni di questo fenomeno avanzate da questi eruditi erano dalla dubbia validità scientifica, ma sicuramente non fecero che aumentare il fascino della misteriosa grotta Eolia di Cesi.

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Tappa 2
Narni

Altra tappa di questo viaggio attraverso le memorie dei viaggiatori del passato nel ternano è Narni, l’antica città di Narnia, il cui fascino del nome latino ha quasi sicuramente ispirato non solo gli scrittori del Gran Tour, ma anche l’opera dello scrittore C. S. Lewis, Le Cronache di Narnia.

La città era nota, oltre che per la sua Cattedrale e la sua Rocca, anche per aver dato i natali a illustri cittadini come l’Imperatore Nerva e il condottiero Erasmo da Narni, meglio noto come il celebre Gattamelata.

Per Thomas Nugent Narni rappresentava la tappa successiva alla Cascata delle Marmore. L’erudito irlandese invitava i viaggiatori a soffermare lo sguardo al Ponte di Augusto prima di entrare in una città che, per usare le sue parole, costringeva “ad andare su e giù di continuo” per via della sua conformazione.

Anche Michel de Montaigne, sempre nel suo diario di viaggio in Italia, descrive Narni come una città arroccata in cima a una rupe, mentre ai suoi piedi scorre il fiume Nera, il latino “Nar”, a cui la città deve il suo nome. Montaigne era colpito in particolare dalla piazza abbellita da una fontana, probabilmente la quattrocentesca fontana di Piazza Garibaldi, ricostruita nel 1527 e caratterizzata da una coppa bronzea ornata dei grifi, simbolo della città (l’originale della coppa originale è conservato presso il locale Museo Eroli). Il filosofo francese ammirò anche la Cattedrale di San Giovenale, ma non menzionò il Ponte Romano di Augusto, che invece affascinò molti letterati del Settecento e numerosi artisti, tra cui il celeberrimo pittore William Turner.

Durante il suo viaggio in Italia del 1819, Turner visitò l’Umbria meridionale per trasformare in acquerelli i disegni creati qualche anno prima per un committente. Tra le opere realizzate in questa occasione, nel 1823 dedicò alla città un magnifico acquerello intitolato Childe Harold’s Pilgrimage, chiaramente ispirato al diario di Lord Byron, che raffigura con tinte chiare e luminose proprio uno scorcio del Ponte di Augusto.

Richard Lassels riportava, inoltre, come appena fuori della città si potevano ammirare delle alte arcate anticamente appartenute a un acquedotto. Con ogni probabilità, si riferiva all’acquedotto della Formina, realizzato nel I secolo d.C. alle porte di Narni.

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Tappa 3
Il Fiume Nera

Oltre alla Cascata delle Marmore, i viaggiatori che raggiungevano Terni rimanevano incantati anche dal paesaggio circostante.

Michel de Montaigne, nel suo Giornale di viaggio (1580-1581), descriveva come “lo sguardo si sofferma, sì, sugli oliveti intorno a Terni”, descrivendo un panorama reso unico dal connubio tra picchi rocciosi e verdeggianti boschi, in grado di stregare gli animi dei più colti e raffinati viaggiatori del tempo.

La valle del Nera, dominata dall’incessante scorrere del fiume, offriva un quadro naturale di grande suggestione. Tra le descrizioni più poetiche spicca quella di Thomas Nugent, che nel terzo volume della sua opera sul Gran Tour scritta (1756), paragonava il fiume a un “grande serpente d’argento”. Un’immagine capace di evocare la sinuosa bellezza del Nera che serpeggiava attraverso la valle, ma che in parte richiamava la metafora che lo scrittore e poeta tedesco Franz Wilhelm von Gaudy dedicava alla cascata delle Marmore, che per lui appariva come un “drago spumante di rabbia”.

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Tappa 4
Papigno

A 500 metri a valle della Cascata delle Marmore un altro luogo attirò l’attenzione dei viaggiatori: il Ponte del Toro, monumentale manufatto di età augustea eretto con la funzione di scavalcare un canale artificiale proveniente dal Piano delle Marmore.

Non distante, il piccolo e suggestivo borgo di origine medievale di Papigno fu meta anch’esso del Viaggio. Nella sua opera “Viaggio in Italia” (1813-1817) durante la tappa ternana del viaggio compiuto nel 1786, Goethe trovava molto piacevole osservare questo borgo.

Nel 1826 Jean Baptiste Camille Corot trascorse un soggiorno di tre mesi proprio a Papigno, ospite nella villa dei Conti Graziani. Il pittore dedicò numerose opere che rientravano il borgo in diversi momenti della giornata. Forse anche Corot si lasciò ispirare dalla “Valle Incantata”, tanto che la produzione di oli e disegni realizzati in questo periodo è considerata uno dei momenti più importanti della sua esperienza di pittura en plein air.

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Tappa 5
Cascata delle Marmore

Un’icona per eccellenza del Grand Tour fu certamente la Cascata delle Marmore, divenuta ancora più attrattiva dopo che Papa Clemente VIII nel 1601 ordinò la riapertura del salto principale con cui il fiume Velino si getta nel Nera.

Questo spettacolo naturale aveva il potere, per usare le parole che nel 1662 gli dedicò il pittore Salvatore Rosa, tra i primi ad ammirare lo splendido scenario, di far “spiritare ogni incontentabile cervello per la sua orrida bellezza”. Un’espressione che sottolinea l’impatto travolgente del luogo, utilizzata anche da Lord Byron nella poesia “Falls of Terni”, contenuta nel suo poema narrativo “Pellegrinaggio del giovane Aroldo” (1812-1818). Lo scrittore inglese definiva la cascata “orribilmente bella”, giocando su un colto ossimoro che richiama il significato di “orrido”, una stretta gola dove le acque si infrangono con fragore sulla roccia.

Anche artisti e pittori non riuscivano a restare indenni al prorompente fascino della cascata, frutto dell’ingegno idraulico degli antichi Romani, e moltissime furono le opere d’arte dedicate a questo luogo straordinario, oggi conservate nei più importanti musei del mondo. A Terni, nella raccolta d’arte della Fondazione Carit, sono custoditi dipinti, disegni e acquerelli che raffigurano la Cascata, come il capolavoro realizzato del 1678 del pittore tedesco Philipp Peter Roos.

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Tappa 6
Lago di Piediluco

Nel 1670 lo scrittore inglese Richard Lassels, nel suo The Voyage of Italy, una delle prime pietre miliari della letteratura del Gran Tour, descriveva il Lago di Piediluco e il suo borgo come una tappa obbligata per i colti viaggiatori dell’epoca. Le acque cristalline del lago “ai piedi del lucus”, un bosco sacro ai Romani tanto da essere celebrato già nell’Eneide virgiliana, catturarono la fantasia delle penne di scrittori rinomati come Goethe e Byron.

Sempre durante il suo soggiorno nel ternano, il pittore francese Corot immortalò tutta la bellezza del luogo in splendidi dipinti: nel 1826 realizzò un’incantevole veduta del lago incastonato tra i monti Luco e Caperno, intitolata “Lago di Piediluco, Umbria”, oggi conservata all’Ashmolean Museum di Oxford.

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