Filari di una vigna in autunno con le foglie ormai tendenti giallo, con vista sulle colline umbre
L’Umbria in un Calice
Un itinerario alla scoperta di alcuni vini e vitigni dell’Umbria

Gamay (o Gamay del Trasimeno)

Il Gamay del Trasimeno è presente in Umbria almeno dalla metà dell’Ottocento, coltivato quasi esclusivamente nell’ampia zona del Lago Trasimeno, in provincia di Perugia.

Recenti studi hanno dimostrato che si tratterebbe dello stesso vitigno noto in Sardegna come Cannonau, in Veneto come Tai Rosso, in Francia come Grenache e in Spagna come Garnacha.

Il vitigno sembra sia stato introdotto grazie a Eleonora Alarcon Y Mendoza, che avrebbe portato alcune viti in dote al futuro sposo Fulvio Alessandro della Corgna, l’ultimo signore di Castiglione del Lago, come buon auspicio in vista del loro matrimonio.

Vinificato in purezza, il Gamay del Trasimeno produce un vino di ottimo corpo dal colore rosso rubino, caratterizzato da profumi freschi e piuttosto fruttati.

Grappolo d’uva nera del vitigno Gamay del Trasimeno

Sagrantino – Montefalco

Il Sagrantino, coltivato quasi esclusivamente nel territorio di Montefalco, è un vitigno antico, le cui tracce risalirebbero addirittura al periodo romano. Molti lo identificano con la pregiata uva “itriola” citata da Plinio il Vecchio nel I secolo d.C.

Come testimoniano diversi documenti, dall’anno Mille in poi il vino prodotto con questo vitigno ebbe moltissima fortuna, tanto da essere considerato addirittura un dono prestigioso per principi e pontefici.

Le origini del nome derivano probabilmente dalla versione del vino, consumato durante le celebrazioni e le festività religiose, ottenuta dalle uve passite.

Dal 1972 il processo di riscoperta del vitigno ha portato all’affermarsi della sua versione secca. Nel 1979 il Sagrantino di Montefalco venne riconosciuto vino DOC, e nel 1992 è diventato il dodicesimo vino italiano a ottenere la DOCG. Attualmente è considerato uno dei simboli del vino italiano nel mondo.

Bicchiere di Sagrantino di Montefalco vicino a un grappolo di uva nera di Sagrantino con sfondo di una vigna

Trebbiano - Spoleto

Coltivato soprattutto nelle zone di pianura, il Trebbiano è un vitigno storicamente legato al territorio del comune di Spoleto e diffuso anche nei comuni limitrofi.

Le sue origini non sono note, ma già nel I secolo d.C. il poeta latino Marziale tesse le lodi del vino di Spoleto, paragonandolo al Falerno campano, mentre nel II secolo d.C. l’erudito greco Ateneo esalta le qualità del vino di Spoleto di color simile all’oro.

Nelle epoche successive, la sua coltivazione e il commercio hanno avuto una forte importanza nell’economia locale. Gli statuti di Spoleto del 1296, del 1347 e del 1542 riportano disposizioni per la protezione della vite e regolamenti per il trasporto e la conservazione del vino.

I primi riferimenti veri e propri sulla presenza di Trebbiano nello Spoletino risalgono al XV secolo. Tuttavia,nel corso del tempo la coltivazione e la produzione di questa varietà di vino andò piano piano scemando, fino a raggiungere quasi la sua completa estinzione fino agli inizi del 2000, quando riemerge l’interesse verso questo vitigno autoctono, anche grazie al riconoscimento della denominazione DOC “Spoleto”.

Grappolo d’uva bianca di Trebbiano, vitigno legato alla città di Spoleto

Ciliegiolo - Narni

Numerosi studiosi sostengono che il Ciliegiolo sia un vitigno autoctono, coltivato sin dal 1200 nelle regioni dell’Italia centrale. Un’altra ipotesi, oramai meno accreditata, sostiene che sia stato importato nel XIX secolo dalla Spagna.

Molto probabilmente deriva dalla stessa antica varietà di“vitis vinifera”da cui discende anche il Sangiovese.

Il Ciliegiolo è presente in poche zone della regione,ma è particolarmente apprezzato a Narni e nei Colli Amerini. In questi territori l’uva non è impiegata solo per vini da taglio, ma anche vinificata in purezza per produrre vini giovani e profumati. Con l’introduzione dei disciplinari della DOC Amelia e dell’IGT Narni sono state adottate rigorose norme di lavorazione che hanno portato alla produzione di vini freschi ed eleganti dal tipico colore rosso rubino intenso, caratterizzati da un aroma fruttato che, come suggerisce il nome, ricorda quello della ciliegia.

Grappolo d’uva nera di Ciliegiolo, tipico di Narni e dei Colli Amerini

Tostolello – Amelia

Nella selezione dei vitigni autoctoni dell’Umbria, il Tostolello è caratteristico del territorio dell’Amerino, unica zona in cui è presente questa cultivar vinicola.

La caratteristica principale è proprio la sua diffusione molto limitata, che rende il vino prodotto con questa uva uno dei più ricercati.

Non risultano testimonianze scritte della sua presenza nel passato e solo in un trattato sull’agricoltura dei primi del ‘900 viene citato il vitigno “Tostela”, eppure non è certo se questo abbia attinenza con il Tostolello. Le testimonianze orali raccolte in loco fanno risalire la coltivazione delle piante madri a un vigneto impiantato a inizi del XX secolo.

Dal 2022 il vitigno risulta iscritto nell’Atlante Nazionale dei genotipi autoctoni, vitigni e vini di territorio.

Dal colore giallo paglierino con riflessi leggermente verdi, il profilo aromatico del Tostolello possiede caratteristiche specifiche e riconoscibili.

Grappolo d’uva bianca

Grero - Todi

Una particolarità delle produzioni enologiche di Todi è rappresentata dal Grero, nome con cui è localmente notala varietà di “Greco nero”. Le notizie di questa coltivazione risalgono alla fine dell’Ottocento come riportato nell’Annuario generale per viticoltura ed enologia nel capitolo dedicato a “I vitigni e i vini dell’Umbria”, dove si legge che una delle uve nere coltivate in Umbria, precisamente a Todi e Città di Castello, era il “Greco”.

Tuttavia, la presenza di vini in questa area è molto più antica. Già Plinio il Vecchio, nel I secolo d.C., citava il Tudernis tra i vitigni presenti solo in questa zona dell’Etruria, che successivamente è stato identificato con il Grechetto di Todi, ottenuto da un vitigno differente a uve bianche.

Il Grero, quando vinificato in purezza, dà origine a un vino dal colore rubino con riflessi violacei dal profilo equilibrato, apprezzabili soprattutto nel prodotto giovane.

Grappolo d’uva nera del vitigno di Greco nero coltivato a Todi, chiamato localmente Grero

Grechetto - Orvieto

Il Grechetto di Orvieto è uno dei più antichi vitigni in Italia, e appartiene anch’esso alla famiglia dei Greci, vini importati nella nostra penisola in epoche diverse ma proveniente dalla stessa area geografica. Pur avendo tratti in comune con quello di Todi, dovuti alla comune appartenenza alla famiglia dei Greci, dal 2003 è stato riconosciuto differente a livello genetico.

I vigneti che lo producono si trovano su entrambi i lati del Fiume Paglia, che scorre attraverso la città di Orvieto verso il Tevere, su terreni tufacei che contraddistinguono quest’area. Il substrato roccioso contribuisce in maniera profonda alla qualità del terroir locale, ma si presta anche alla realizzazione di cantine, scavate nella roccia.

Già gli Etruschi avevano capito che, nel fresco di queste grotte,la fermentazione si completava solo dopo parecchi mesi, lasciando al vino un residuo zuccherino che contribuì notevolmente a decretarne il successo.

Il vino ottenuto dalle sue uve, riconosciuto dalla denominazione Orvieto DOC, si presenta dal colore giallo paglierino più o meno intenso, dal profumo delicato e gradevole, con un profilo pulito, fresco e moderata acidità.

Calice di vino bianco Grechetto di Orvieto, città che compare sullo sfondo dell’immagine