Duomo di Santa Maria Assunta in Cielo
L'arte in Umbria

La Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto

Un viaggio nel Giudizio Universale secondo Luca Signorelli.

Luca Signorelli è sicuramente uno degli esponenti di punta del Rinascimento Italiano. Il pittore, originario di Cortona, ha lavorato in Umbria a lungo lasciando delle preziose testimonianze nella zona dell'Alta Valle del Tevere contenute nella Pinacoteca di città di Castello e nella Galleria Nazionale di Perugia.

 

All'interno del Duomo di Orvieto il pittore toscano ha dipinto un'opera di grande maestria: la Cappella Nova o di San Brizio. Nel 1499 Luca Signorelli firmò il contratto per il completamento della decorazione delle volte della Cappella Nova. Precedentemente si era cimentato nella pittura della cappella il Beato Angelico. Luca Signorelli ribalta l'approccio precedentemente usato, dall'impronta tipicamente medievale: il pittore di Cortona pone alla base della sua composizione, e della rete di pennellate, l'osservatore, riuscendo ad offrirgli una bellissima visione d'insieme. Un elemento che non potrai fare a meno di notare è la composizione illusionistico-prospettica delle pareti che trasforma la cappella da un edificio gotico in uno spazio rinascimentale; l'artista infatti arretra illusoriamente di due metri, rendendo l'edificio tanto alto quanto largo.

 

In alto, intorno a te, le scene del Giudizio Universale e dell'Anticristo: osservale bene, si tratta di uno dei dipinti più conosciuti del Rinascimento Italiano.

Nella prima lunetta della parete destra, vi è la scena della Resurrezione della Carne dove emerge l'invettiva e la genialità del Signorelli: le figure sono dipinte nel pieno vigore fisico, hanno tutte intorno ai trent'anni, alcuni sono ricoperti di pelle e muscoli, altri affiorano come scheletri ed un risorto è immortalato in uno stadio intermedio, ricoperto di pelle, ma non di muscoli. Nella successiva lunetta, la rappresentazione dell'Inferno: questa è la prima scena dipinta da Signorelli e rappresenta il brulichio di corpi umani e demoniaci, insieme aggrovigliati, che risulta di grande effetto, complice la tavolozza dei colori. Qui il pittore utilizza la tecnica della pennellata incrociata, che permette una sintesi ottica molto efficace.

La lunetta corrispondente dalla parte sinistra ospita il Paradiso: secondo i dettami teologici, le figure esprimono serenità; a sovrastare la scena ci sono nove angeli in concerto. Ma se pure gli strumenti e le posizioni delle mani sono ritratti con un notevole grado di verosimiglianza, il gruppo rappresenta piuttosto un complesso musicale fantastico, perseguendo in tal modo una sorta di sintesi simbolica dell'armonia celeste. A sottolineare questa celestiale atmosfera, due angeli al centro spargono rose e camelie sui beati (i fiori furono dipinti a secco e ora, purtroppo, non ne rimane che una pallida ombra)

Sulla parete in fondo, l'Antinferno, riproduzione di parte del Purgatorio di Dante: in alto un gruppo di ignavi rincorre un demone che regge uno stendardo bianco; al centro Caronte che traghetta altri dannati. Più in alto c'è Minosse, che impone la pena ad un dannato tenuto per i capelli da un diavolo, avvolgendo la propria coda intorno al corpo tante volte quanto è l'ordine del girone infernale in cui è destinato il dannato.

Sul lato sinistro vedi la Chiamata degli eletti: in alto angeli musicanti accompagnano col suono dei loro strumenti gli eletti, che altri angeli si accingono a guidare in Paradiso. Al centro, nello strombo della finestra sono raffigurati due santi vescovi protettori di Orvieto, San Costanzo e San Brizio, mentre nell'intradosso della finestra sono rappresentati S. Michele Arcangeli che pese le anime e S. Michele Arcangelo che sospinge un demonio, in quella di destra, l'arcangelo Gabriele e Tobiolo e l'arcangelo Raffaele.