Le pareti del piccolo vano d'ingresso erano intonacate e su entrambe era dipinto un serpente, motivo funerario assai diffuso. Oggi si scorgono scarsissime tracce di colore. Il soffitto a doppio spiovente riproduce l'intelaiatura lignea del tetto con finti travi ricavati nel tufo. Lungo le pareti corre una banchina su cui sono deposti due sarcofagi in peperino che imitano casse di legno, un coperchio di urna e un'urna con coperchio, sul quale è incisa l'iscrizione: vel hescnas restituente il prenome maschile vel e il gentilizio hescnas (Hescanas) dei titolari della tomba, ripetuto poi nelle iscrizioni dipinte sulle pareti e oggi quasi del tutto scomparse.
Tutte le pareti erano interessate da un fregio pittorico definito in basso da un motivo ad onde, ma larghe zone di intonaco sono cadute con la conseguente perdita di parte della decorazione pittorica. A destra dell'ingresso è rappresentato il defunto che su una biga dai cavalli rossi si dirige verso l'oltretomba; ma la figura forse meglio rappresentata della tomba indossa un abito giallo bordato in rosso da un motivo a fiamme e incede verso sinistra appena sollevando la veste e dirigendosi verso due giovani abbracciati: accanto ad uno di essi era dipinta un'epigrafe in cui si leggeva la parola zil ( zilath) che indicava un'importante carica della magistratura etrusca, corrispondente al latino praetor . Un corteo di tre personaggi precedeva il defunto al suo ingresso negli inferi. Altri personaggi e scene di purificazione erano sulla parete di fondo ma oggi sono quasi illeggibili. La parte sinistra era occupata da una rappresentazione assai frequente nelle tombe etrusche dipinte: quella del banchetto, che terminava a sinistra dell'ingresso con la raffigurazione del tavolo con i vasi destinati al convito. La tomba degli Hescanas è datata alla fine del IV secolo a.C., anche se alcuni materiali rinvenuti al suo interno ne testimoniano un uso anche in epoca successiva.
Curiosità
La tomba degli Hescanas, assieme alle numerose necropoli e tombe disseminate nei dintorni di Orvieto, riflette la volontà del nuovo ceto sociale di tipo aristocratico, che dall'inizio del IV secolo a.C. comincia a prediligere la campagna alla città e a preferire aree più distanti dall'insediamento urbano come luogo di sepoltura. Non è un caso che parallelamente cessano di essere frequentate dalle famiglie più eminenti le grandi necropoli urbane di Cannicella e di Crocefisso del Tufo, poste ad anello sulla rupe tufacea di Orvieto.