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Il “Raffaellesco” a Deruta

Ornamenti liberi e fantastici come mascheroni, putti alati, canefore, creature marine, antologie faunistiche immaginarie e trofei d’armi compongono la variegata e ricercata decorazione della  maiolica di  Deruta.

Un motivo decorativo diventato emblema dell’arte derutese e riconosciuto in tutto il mondo, che viene definito “Raffaellesco”.

Fu introdotto nel territorio nella prima metà del 1600, traendo ispirazione dagli affreschi di Raffaello Sanzio nelle Stanze Vaticane, che lo impegnarono dal 1508 fino alla sua morte, il 1520.

Il maestro urbinate, a sua volta, era stato ispirato per quel suo meraviglioso lavoro dalle cosiddette decorazioni “a grottesche”, termine coniato dagli uomini d’arte del XV secolo per definire i sistemi decorativi rinvenuti sulle pareti e sulle volte della Domus Aurea, il Palazzo di Nerone costruito a Roma tra il 64 e il 68 d.C., che ha segnato e influenzato, con la sua scoperta, l’iconografia del Rinascimento.
Le decorazioni dell’edificio furono definite “a grottesche” proprio perché, appunto, ritrovate dentro le grotte della domus imperiale. 
Quando Raffaello e il suo collaboratore Giovanni da Udine esplorarono la Domus Aurea “restarono l’uno e l’altro stupefatti della freschezza, bellezza e bontà di quell’opere, parendo loro gran cosa ch’elle si fussero sì lungo tempo conservate”. Sono le parole dello storiografo e storico dell’arte Giorgio Vasari.
Fu proprio Raffaello a comprendere a fondo la logica di questi sistemi decorativi e grazie alla profonda conoscenza delle fonti letterarie e artistiche della classicità riuscì a ricreare l’antico senza dover ricorrere a un’imitazione passiva.
Ancora oggi la produzione derutese, celebre per i suoi arancioni, i blu, i gialli, racconta di quel tempo e di quello stile decorativo così versatile, fresco, “Raffaellesco”.

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