La danza delle api
Sento arrivare la primavera ornata di fiori.
Su presto mescete vino dolce come il miele una coppa
(Alceo, poeta greco vissuto fra il VII e il VI sec. a.C.)
La primavera, con la sua esplosione di fiori, offre l’occasione per raccontare la storia del miele e delle sue instancabili produttrici. L’ape, oltre alla sua funzione di impollinatore, è la protagonista della vita di una delle figure religiose più importanti dell’Umbria: santa Rita da Cascia, nata a Roccaporena e venerata nel santuario a lei dedicato.
Il primo miracolo di Santa Rita avvenne quando era ancora una neonata. Lasciata in una cesta dai genitori, la piccola Rita fu circondata da uno sciame di api che portarono miele nella sua bocca, lasciandola incolume. Questo straordinario evento si inserisce in ampio panorama carico di simbologie legate alle api e alle loro “entusiasmanti” manifestazioni.
Nell’antichità le api erano infatti considerate portatrici di ispirazioni divine, ovvero il tema ricorrente dell’enthusia greca, l’ispirazione divina che si manifesta attraverso la bocca e le parole degli esseri umani.
Nel mondo greco abbondonano gli esempi che collegano le api al divino. Esse sono legate a divinità femminili come Demetra, che assume il titolo di Pura Madre Ape, mentre la Grande Madre era identificata come l’Ape Regina e le sue sacerdotesse erano chiamate Melisse, ovvero “quelle del miele”. Anche Zeus, appena nato dalla madre Rea, fu nutrito dalle api che vivevano nella grotta dove era stato nascosto per salvarlo dal padre Crono.
Gli Egizi e gli Etruschi utilizzavano il miele anche in ambito funerario, legando così le sue proprietà di lunghissima conservazione alla vita eterna dell’anima del defunto. I Romani invece avevano eletto il miele prelibatezza, tanto che si trova menzionato in quasi tutte le ricette del famoso trattato di cucina romana scritto da Apicio. Tra le più note si ricorda il famoso vino mulsum, un vino speziato molto caro ai romani, consumato durante banchetti e libagioni. Una scena molto diffusa nell’arte antica, che è stata rappresentata anche negli straordinari mosaici di Spello.
La storia di questo insetto colloca in Umbria la prima opera scritta interamente dedicata alle api. Si tratta dell’Apiarum, un trattato pubblicato nel 1626 da Federico Cesi, duca di Acquasparta, fondatore dell’Accademia dei Lincei nonché importante scienziato naturalista. L’opera, interamente dedicata al tema delle api e all’apicoltura, descrive dettagliatamente le caratteristiche morfologiche di questo insetto. Sebbene questo primo testo possa sembrare distante nel tempo, l’interesse che si cela dietro all’approfondita descrizione, risuona ancora ai nostri giorni. Una curiosità: per lo studio dei piccoli insetti usò un primordiale microscopio, l’“occhialino” di Galileo, altro illustre membro dell’Accademia.
Le api, custodi instancabili della biodiversità, sono diventate icone di conservazione ambientale nel nostro mondo contemporaneo, tanto che il 20 maggio è stata dichiarata la Giornata Mondiale delle Api, un'occasione per celebrare e riflettere sul loro ruolo fondamentale nell'ecosistema.
Nel 2016 in Umbria, grazie alla ferma volontà di enti e associazioni umbre, è nata l’iniziativa dei “Comuni Amici delle Api” con la finalità di sensibilizzare sull’importanza dell’ape ai nostri giorni e creare una rete di amministrazioni locali impegnate a salvaguardare l’apicoltura. Non si tratta di tutelare solo un’attività agricola legata alla produzione di miele, ma di promuovere questa pratica come elemento cruciale per la conservazione di una biodiversità sempre più minacciata.
Molte le iniziative a sostegno di questo obiettivo di grande importanza, come quella che ha portato alla creazione dell’Urban Bee Park di Perugia, un’oasi urbana progettata a forma di polmone dove hanno trovato dimora numerose specie di piante aromatiche, in grado di contribuire alla salubrità dell’aria ma soprattutto alla salvaguardia delle api e della biodiversità.