Percorsa dall’omonimo fiume per una ventina di chilometri, la Valle del Nestore è stata ed è ancora un importante territorio di confine e di transito fra Umbria e Toscana e, se pur agli estremi del comune di Città di Castello, non è mai stata una porzione marginale perché ponte ideale con le terre toscane, con le quali ha avuto scambi fruttuosi e benefici sia nelle attività economiche che nelle arti.
L’itinerario che porta verso la Valdichiana mescola la vocazione naturalistica con le emergenze storiche e architettoniche: borghi, chiese, pievi, torri e abbazie che testimoniano il passato glorioso di questa vallata, di ciò che è stato e di una realtà ancora viva.
La prima cittadina che si trova nell’itinerario è Trestina la cui chiesa è dedicata a San Donato, che alla fine del VII secolo fu scelto come patrono delle milizie longobarde. Lasciata Trestina, proseguendo per un chilometro lungo la provinciale 104, sulla destra, una strada porta alla collina dove sono situate la Basilica della Madonna del Transito di Canoscio e la Pieve dei Santi Cosma e Damiano.
Basilica di Canoscio
La Basilica della Madonna del Transito di Canoscio sorge nello stesso punto in cui, nel 1348, un abitante del luogo, Vanni di Jacopo, fece costruire una cappellina votiva con dipinta l’immagine della Madonna al momento del suo transito.
Di questa primitiva pittura, della quale resta sconosciuto il pittore (probabilmente di scuola senese), rimane soltanto l’immagine della Madonna dormiente.
Nel 1406 fu costruita la prima piccola chiesa; questa costruzione fu abbattuta nel 1855 quando si iniziarono i lavori per la costruzione dell’attuale Santuario, realizzato su iniziativa del sacerdote Luigi Piccardini e progettato dal tifernate Giuseppe Baldeschi. Il grandioso edificio fu consacrato nel 1878. L’interno della chiesa è a tre navate, di forme neo-cinquecentesche.
Nel 1905 venne inaugurata la maestosa facciata con il nuovo colonnato opera dell’architetto fiorentino Giuseppe Castellucci; il porticato è impreziosito da un soffitto a cassettoni, finemente lavorato.
La Pieve
La Pieve dei Santi Cosma e Damiano risale nelle sue forme attuali alla seconda metà del XII secolo. È a pianta rettangolare a navata unica con abside semicircolare. La facciata in conci di pietra arenaria è sormontata a sinistra da un campanile a vela. L’interno, con copertura a capriate, presenta sulle pareti uno stratificarsi di affreschi, per lo più votivi, di epoche diverse ed attribuibili a maestranze locali. Tra i dipinti più interessanti dell’intera decorazione sono da segnalare a destra della porta d’ ingresso la Madonna della Misericordia e Santi, risalente al 1348, e lungo la parete sinistra la Trinità, raffigurata con tre teste. In chiesa si conservano anche dei materiali erratici, tra cui una lastra lapidea con una croce scolpita e utilizzata come uno degli elementi di sostegno dell’altare.
Ritornati sulla provinciale dopo cinque chilometri circa si arriva all’abitato di Badia di Petroia dove si trova l’Abbazia dedicata a Santa Maria e Sant’Egidio.
L’Abbazia di Santa Maria e Sant’Egidio – Badia Petroia
L’Abbazia, appartenuta in origine a un complesso abbaziale benedettino, è ricordata per la prima volta in un documento del 972.
Alla famiglia dei Marchesi di Colle, da cui si è originato il ramo dei Bourbon del Monte, apparteneva Ugo, fondatore dell’Abbazia di Petroia. La protezione della famiglia sul monastero durò fino al XV secolo; nel 1403 il complesso religioso non era già più sotto la tutela dei marchesi, ma sotto quella di Città di Castello.
L’Abbazia di Petroia rappresenta uno degli edifici romanici più importanti della regione, nonostante le vicende ecclesiastiche che la coinvolsero e i dissesti causati dai frequenti terremoti, abbiano lasciato il segno nell’architettura, nei numerosi interventi di adattamento e nella riduzione progressiva degli spazi, che ne hanno stravolto l’aspetto originario. Tra i primi esempi in Umbria di chiesa basilicale a tre navate e tre absidi, l’edificio sorgeva su pianta longitudinale con copertura a tetto e transetto non sporgente, elevato su un’ampia cripta. Secondo un uso diffuso negli ambienti monastici la chiesa si sviluppava su tre diversi livelli pavimentali, rispondenti agli spazi che nelle funzioni liturgiche erano riservati rispettivamente ai fedeli, ai monaci e al clero officiante. Attualmente la chiesa appare decurtata di circa un terzo e priva delle navate laterali, adibite da tempo ad usi agricoli e ad abitazioni private.
La facciata dell’attuale chiesa è costituita da un muro costruito nel XIV secolo, innalzato a causa dei vari terremoti che avevano danneggiato più volte l’edificio. Le formelle in terracotta a motivi geometrici e zoomorfi inserite all’esterno del muro, di influsso ravennate, appartengono sicuramente ad una costruzione più antica. La chiesa racchiude al suo interno anche un esaustivo repertorio di materiale erratico di epoca altomedievale e romanica.
Sotto il presbiterio si estende la vasta cripta triabsidata, ascrivibile alla meta del secolo XI, suddivisa in tre vani affiancati e coperti da volte a crociera, poggianti su sei colonne e due pilastri. La cripta, attualmente non visitabile, aveva in origine due ingressi, posti nelle navate laterali. Per la sua costruzione sono stati utilizzati capitelli e colonne di spoglio, queste ultime in travertino e in granito, mentre le altre, di epoca preromanica, sono in arenaria.
Dopo Badia di Petroia, proseguendo per altri 6 chilometri lungo la strada provinciale che porta a Castiglion Fiorentino e Cortona, si arriva a Morra, frazione del Comune di Città di Castello. Giunti sulla piazza del paese troviamo la Pieve di Santa Maria, già ricordata in una Bolla del 1126 e in un trattato tra Perugia e Città di Castello. Fuori del centro abitato sorge l’Oratorio di San Crescentino, tappa fondamentale dell’itinerario signorelliano nel territorio dell’Alta Valle del Tevere.
Oratorio di San Crescentino
Poco distante dal centro abitato di Morra, sviluppatosi attorno alla romanica Pieve di Santa Maria, sorge l’Oratorio di San Crescentino, costruito nel 1420 per soddisfare le esigenze di culto dell’omonima Confraternita e ampliato nella forma attuale nel 1507, come ricordano le iscrizioni murate sulla facciata.
L’Oratorio si presenta come un vero scrigno d’arte che custodisce al suo interno un interessante ciclo di affreschi attribuiti a Luca Signorelli e alla sua scuola. La maggior parte della critica colloca l’impresa pittorica tra il 1507 e il 1510. La tradizione vuole che il pittore, spostandosi dalla natia Cortona a Città di Castello per far fronte alle molteplici commissioni di lavoro, si fermasse a Morra, abituale luogo di sosta dei viandanti. L’edificio presenta una facciata a capanna con un portale sovrastato da una lunetta decorata, un’ampia finestra e due finestrelle laterali, aperte nel Seicento. L’interno, coperto a capriate, termina con una bella nicchia finemente scolpita e affrescata dal Signorelli; in alto è rappresentato il Padre Eterno, con in mano il Libro della Vita, tra due bellissimi angeli, Santa Maria Maddalena ed un altro santo. Nella parete sinistra, la grande nicchia in pietra racchiude all’interno l’affresco della Madonna della Misericordia di chiara impostazione pierfrancescana. In alto sono visibili in stato frammentario: l’Incredulità di San Tommaso, l’Ingresso di Gesù a Gerusalemme, l’Orazione nell’Orto, l’Ultima Cena e la Flagellazione, sicuramente l’affresco più interessante con i bellissimi nudi dei flagellanti.
Lungo la parete di destra, in alto, si susseguono altri episodi: la Crocifissione, la Discesa di Gesù nel Limbo, la Deposizione nel sepolcro e la Resurrezione. Di questi affreschi soltanto la Crocifissione è ritenuta opera del maestro, mentre le altre sono attribuite ai seguaci. Nella nicchia è rappresentata la Madonna di Loreto.
L’attuale sacrestia occupa lo spazio del primitivo oratorio quattrocentesco e custodisce tracce di affreschi tardogotici attribuiti ad un pittore locale d’ispirazione senese-aretina. Da segnalare, tra i più interessanti, San Crescentino che uccide il drago e la Madonna della Misericordia.