L'unica porta di accesso conserva gli apparati difensivi e l'edificio pubblico posto a fianco della chiesa, che si apre su una suggestiva piazzetta pavimentata con il tipico acciottolato della zona. La chiesa di San Donato, di origine romanica, è stata più volte rimaneggiata in epoca barocca, soprattutto nell'interno, dove sono emersi affreschi votivi riferibili al XV secolo.
Il castello fu fondato verso la metà del X secolo da Rovero di Champeaux, da cui sarebbe derivata la famiglia dei conti di Campello, che ne ebbe la signoria.
Federico I, Enrico VI e Federico II confermarono sempre la giurisdizione del castello ai conti di Campello perché sostenitori gli Svevi contro la Chiesa. Papa Onorio III, condannando la famiglia Camplello, li definì "figli del diavolo". L'animosità dei conti di Campello contro la Chiesa si manifestò anche nel 1326 con Argento Campello. Verso la metà del XIV sec. il castello venne messo a ferro e fuoco da Pietro Pianciani, signore di Spoleto. Fu fatta strage di persone, saccheggiate le case, distrutte le torri, il palazzetto dei conti e la chiesa. Molti riuscirono a riparare nei boschi, attraverso segreti cuniculi sotterranei, altri obbligati a giurare al nuovo signore. Da quel periodo e fino al XVIII secolo il castello rimase unito alla città di Spoleto; divenne poi comune autonomo.
Nella vicina località Pian delle Rotte, l'esplorazione di una cavità naturale ha portato alla luce un nucleo di ceramiche d'impasto grossolano ascrivibili all'antica (XVIII-XVII) e media (XVI-XV) Età del Bronzo. I vasi, rinvenuti schiacciati dalla terra, lascerebbero supporre un uso rituale della grotta. In generale, i siti dell'area risalenti all'Età del Bronzo si collocano ai margini della pianura alluvionale o sulle alture, cioè al riparo dai problemi causati dalle acque della pianura.